Grasso e infiammazione, due nemici per la salute

Grasso e infiammazione

È sempre più frequente essere alle prese con diete e bilanci calorici, soprattutto con l’arrivo della bella stagione, e l’argomento si fa più interessante se, oltre ai fattori estetici, vengono presi in considerazione i fattori salutistici.

Sì perché parlare di pesoforma e di dimagrimento non vuol dire solo occuparsi di “bellezza”, ma anche, e soprattutto, di salute.

Il grasso in eccesso rappresenta un vero e proprio pericolo per il buon funzionamento dell’intero organismo.

Grasso e infiammazione

Il “famoso” tessuto adiposo, così comunemente chiamato, in realtà è un vero e proprio “organo endocrino”, per le sue molteplici funzioni simil-ormonali.

“Si tratta di un organo, detto anche organo adiposo o organo adipocitario, che ha anche funzioni inquadrabili come immunitarie, di intervento ed interferenza nella risposta infiammatoria dell’organismo.

Dal punto di vista istologico è un tessuto connettivo, e come tale, per tradizione, confinato in un ambito di prevalente presenza “meccanica”, di sostegno e di connessione fra organi e parti di organi.

La scoperta della sua elevata specializzazione, fatta negli ultimi decenni, lo ha proiettato ben oltre l’ambito di funzioni tutto sommato limitate (termoisolante, riserva energetica, ammonizzazione meccanica, protezione ed estetica) nel quale le nostre conoscenze, ora superate, lo avevano relegato”. Dal libro “La nutrizione dal 2020 in poi” di A. Grieco.

Il grasso viscerale è al centro della sindrome metabolica, una

forma patologica che, per diffusione e il modo subdolo di palesarsi, è una pandemia gravissima nei Paesi industrializzati.

La cosiddetta “pancetta”, causata da iperglicemia cronica e successiva resistenza insulinica, diventa luogo di infiammazione cronica, alla base di numerose patologie, dai più piccoli disturbi alle malattie più importanti.

Più aumenta il grasso, maggiore è la produzione di citochine infiammatorie e minore quella di citochine antinfiammatorie.

Un aumento della proteina-C-reattiva (PCR) può essere un utile parametro per valutare il livello di infiammazione.

Questo rappresenta un pericolo costante per la salute, essendo l’infiammazione cronica di basso grado presente nella patogenesi di tutte le malattie infiammatorie, degenerative, autoimmunitarie, psichiatriche (da quelle più leggere come ansia, nervosismo, fino a depressione e psicosi), tumorali e nelle iper-risposte alle malattie virali e batteriche.

Oltre alle citochine infiammatorie, il grasso viscerale produce ormoni, che provocano più messaggi anomali nel torrente circolatorio.

Abbiamo quindi già compreso quanto sia importante evitare e/o limitare il più possibile l’accumulo di grasso. Come fare?

Glucosio, il grande nemico

Glucosio e grasso vanno a braccetto, e chi li unisce è l’insulina.

L’insulina, la principale responsabile della formazione del grasso viscerale, viene prodotta in maniera spropositata dal pancreas in presenza di un’alimentazione prevalentemente o abbondantemente glucidica, e cioè se vengono introdotti dolci, bibite zuccherate, frutta, amidi.

Il vero problema sta nei comuni regimi alimentari, addirittura a volte anche considerati salutari, che vedono la presenza di 300-400 grammi di carboidrati al giorno.

Dal momento che tre cucchiaini di zucchero hanno 12 grammi di carboidrati, 100 grammi di un qualunque cibo amidaceo da 60 a 80 grammi, 100 grammi di riso 78 grammi di glucosio, intravediamo lo scenario: tra bevande zuccherate, pane, pasta (anche nella versione integrale, non meno nociva da questo punto di vista), snack a base di frutta o cereali, il totale a fine giornata raggiunge valori che non favoriscono per niente la buona fisiologia nel nostro organismo.

“La Paleontologia testimonia che per milioni anni nella sua evoluzione l’uomo si è cibato di carne, pesce, uova, tuberi, germogli, verdure e insalate spontanee. Dopo essere sceso dagli alberi, con la deambulazione bipede, ha iniziato il suo percorso di cacciatore-raccoglitore, durato 2-3 milioni di anni. Solo 10-11 mila anni fa è iniziata l’agricoltura e in seguito l’allevamento”. 

L’introduzione di cibi amidacei ha coinciso con la comparsa di varie problematiche e malattie mai conosciute prima, come anche quelle degenerative.

Se non siamo più raccoglitori-cacciatori come comportamento sociale, è altresì vero che lo siamo nella nostra struttura genomica.

Con l’avvento dell’agricoltura e l’introduzione di carboidrati amidacei, il nostro metabolismo, abituato al digiuno prevalente, si è trovato ad affrontare un cambiamento biochimico dovuto al passaggio da un’alimentazione basata su proteine e grassi a una prevalenza di glucidi (carboidrati).

Cosa succede se si mangiano troppi carboidrati?

“Il glucosio introdotto con gli alimenti e non utilizzato viene immagazzinato sotto forma di glicogeno nei muscoli e/o nel fegato.

Cosa succede quando le riserve di glicogeno nei muscoli e nel fegato sono saturate, ma vi sia ancora iperglicemia?

Il glucosio in eccesso viene trasformato in acido palmitico, grasso saturo a catena lunga. L’acido palmitico si lega a una molecola di glicerolo e forma una lipoproteina chiamata VLDL (very low density lipoprotein). Il fegato rilascia le VLDL affinché il grasso che contengono possa essere usato a scopo energetico o immagazzinato nel tessuto adiposo.

L’acido palmitico riduce la sensibilità alla leptina: l’ipotalamo, dove si trova il centro della sazietà, non sentendo più la presenza di leptina, non ci dà il senso di sazietà che consegue all’ingestione del cibo. Si rimane affamati nonostante l’iperglicemia e si continua a mangiare ben oltre i nostri bisogni.

Quindi: l’acido palmitico, prodotto dai carboidrati in eccesso, causa insensibilità (resistenza) del cervello (ipotalamo in particolare) alla leptina”. In sostanza, semplificando, alla lunga più si mangia e più si mangerebbe”.

La svolta

Nelle nostra abitudini alimentari, per sfuggire a grasso e infiammazione silente, (cioè apparentemente senza sintomi), le parole d’ordine dovrebbero diventare: insulina bassa!

Limitare drasticamente l’assunzione di carboidrati e trascorrere gran parte delle giornate con un basso livello glicemico è la soluzione a quella fatica di vivere, difficile da definire ma che porta con sé una gran varietà di disturbi, dai meno gravi ai più importanti: stanchezza cronica, senso di allarme interiore, dolori vari, difficolta a dormire e/o a digerire, …

Occorre rivedere le proprie abitudini,  per trovare il compromesso tra il piacere “della tavola” e la salute.

Una giusta attività fisica (indispensabile) e una opportuna integrazione, oltre naturalmente a un attento regime alimentare,  rimangono due alleati fondamentali per la riduzione del grasso in eccesso e per il mantenimento del pesoforma, un regalo per la propria autostima e soprattutto per la propria salute, presente e futura.

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